La complessità del nostro sistema sanitario favorisce la molta (forse troppa) variabilità nell'organizzazione e nell'erogazione delle cure, con un'insufficiente integrazione dei servizi, generando scarsi livelli di appropriatezza e sostenibilità. Soprattutto nel campo così ampio e diversificato della presa in carico dei malati cronici. Il PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) potrebbe dunque essere, qualora si riuscisse ad andare oltre le pur tante sperimentazioni in atto in Italia, lo strumento, metodologicamente standardizzato, più utile per migliorare l'operatività e l'integrazione delle risorse sanitarie, per delineare il miglior percorso di cura praticabile sulla base di profili codificati e verificabili e per analizzare gli scostamenti tra la situazione di attesa e quella osservata in funzione del miglioramento conseguito.
Il tema è stato al centro del Convegno dedicato, appunto ai PDTA e a Costi Standard quali possibili strumenti di governance e di stimolo per migliorare la qualità e l'efficienza dei servizi sanitari, organizzato il 4 novembre a Roma presso la Camera dei Deputati, dall'Istituto Superiore di Studi Sanitari "G. Cannarella" con il contributo incondizionato di Chiesi Farmaceutici Spa.
La possibilità di poter inserire un paziente in un percorso ben codificato di gestione della sua patologia, che lo prenda in carico in tutti i passaggi diagnostici, terapeutici, riabilitativi ed anche burocratici rappresenta in tal senso una vera e propria sfida per la sanità del territorio e per le necessarie interazioni con le strutture ospedaliere, specialistiche e socio-assistenziali. Ne deriva la prospettiva anche di una diversa e più "sapiente" collaborazione tra professionisti che, ciascuno per le sue competenze, si troverebbero ad agire nel comune contesto di un percorso assistenziale lungo cui accompagnare la persona malata evitando che sia quest'ultima ad improvvisare e a ricercare per propria iniziativa prestazioni spesso inappropriate. Il Convegno di Roma ha poi associato al tema dei PDTA quello estremamente attuale dei Costi Standard. Da molti ritenuti una sorta di "panacea" e da altrettanti avversati per le troppe differenze organizzative e strumentali in cui la sanità pubblica opera nei diversi contesti regionali. Idealmente il costo standard potrebbe rappresentare un pilastro fondamentale per superare uno dei problemi principali del corretto funzionamento delle strutture pubbliche, attraverso il quale l'allocazione delle risorse non avviene più sulla base di quanto si è speso in passato, ma si definisce in relazione a ciò che si è fatto o s'intende fare, ovvero sulla base dell'attività delle aziende sanitarie. Se da un lato rappresentano una vera e propria sfida, poiché riuscire ad introdurre i costi standard significa invertire una cultura, quella dei tagli lineari, e contribuire con responsabilità a un controllo della spesa sanitaria che non significa riduzione delle prestazioni e dell'assistenza, ma "spendere meno spendendo meglio", dall'altro le difficoltà e le variabili sono tali da far temere che gli stessi finiscano per essere più che altro oggetto di mere riflessioni accademiche e teoriche.
"Mi auguro sia obiettivo comune a tutti, da Nord a Sud" ha esordito la Presidente dell'Istituto Cannarella, Mariapia Garavaglia, introducendo i lavori "quello di perseguire con tenacia la sostenibilità del sistema sanitario ma abbandonando il "mantra insopportabile": di una sanità che occupa l'80% dei bilanci regionali. È vero, il nostro Ssn costa molto ma non soltanto per gli sprechi su cui è possibile, anzi doveroso, agire, ma perché, come ci riconoscono a livello internazionale, è un sistema sanitario pubblico ad accesso universale di qualità".
Un concetto condiviso anche da Emilia Grazia De Biasi, Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, secondo cui il Paese, la cui tenuta sociale dipende moltissimo proprio dalla tenuta del sistema sanitario pubblico, è di fronte a una vera e propria svolta epocale. "Mai come oggi ci troviamo di fronte al dilemma, politico e non solo e meramente economico, di dover decidere che tipo di sanità vogliamo per l'Italia. Nonostante anni di tagli" ha aggiunto "è ancora un buon sistema ma non reggerà oltre se continueranno ad esserci così tante differenze tra il Nord e il Sud del paese, nonostante gli enormi sforzi compiuti dalle Regioni in Piano di rientro. Il tema è in primis politico. Si tratta di decidere su una corretta riconversione della spesa e di aumentare il tasso di innovazione complessivo. Problemi che né le mutue né le assicurazioni potranno risolvere. Ma soprattutto" ha quindi aggiunto "bisogna avere una "visione" di cosa sarà il nostro paese tra dieci o vent'anni. Il che significa, per esempio, traguardare la sostenibilità del Ssn attraverso una vera rivisitazione dei Lea, avendo magari anche il coraggio di abbandonare quale "ferro vecchio" su cui è inutile spendere risorse per investire invece, visto l'andamento demografico ed epidemiologico, su nuovi Lea più vicini alle istanze di una vera integrazione socio-sanitaria che oggi vede i Comuni praticamente alla canna del gas...".
La seconda riflessione politica è stata quindi offerta da Paola Binetti, Deputato della Commissione Affari Sociali della Camera secondo cui tanto i PDTA quanto i Costi Standard devono tendere in ogni caso a salvaguardare la qualità dell'offerta di prestazioni sanitarie. "In sanità" ha spiegato "o tutti gli atti, le procedure,le dinamiche organizzative camminano lungo una linea comune e condivisa o il sistema non regge. In poche parole o si tengono insieme tutti gli elementi del sistema o lo stesso prima o poi vacillerà fino a franare del tutto". Definire il costo standard per una prestazione o per un percorso sanitario o socio-sanitario può aiutare a definirne qualità ed efficacia ma bisogna aver presente che comprimere eccessivamente i costi porta come risultato inevitabile anche il calo inesorabile della qualità".
Squisitamente tecniche, invece, le riflessioni dei relatori che si sono succeduti. Secondo Federico Spandonaro, economista dell'Università di Tor Vergata, che se sui PDTA ha "sentimenti contrastanti" sui Costi Standard li ha del tutto negativi, "più che complicare ulteriormente un sistema di per se già molto complesso riterrei assai più efficace discutere sulla capacità di valutare se l'assistenza è prestata in modo appropriato oppure no, anche perché" ha domandato "dove sta scritto che i Pdta facciano realmente risparmiare...?
La FIASO, rappresentata dal Direttore Sanitario della Asl di Bologna, Massimo Annichiarico, ha poi illustrato il percorso di approfondimento sul tema che da molti mesi la Federazione sta conducendo cercando di elaborare modelli replicabili ma ha anche avvertito, tornando sul tema della qualità delle prestazioni, che non basta affermare, per esempio, che una frattura del femore debba essere operata entro 48 ore in pazienti over 75 se non c'è, a monte e a valle un'organizzazione sanitaria in grado di garantirlo in tutto il paese". E ancora grandi variabili sono state evidenziate da Lorenzo Terranova, Direttore del Centro Studi di Federsanità Anci secondo cui a seconda del modello assistenziale scelto (sia esso il Chronic Care Model, i Creg o le Medicine di gruppo) è molto probabile che vengano elaborati PDTA diversi per una stessa patologia. Torna dunque, in maniera prepotente, da un lato la difformità organizzativa regionale e tra aziende e dall'altro il ruolo, anch'esso assai difforme geograficamente, dei singoli professionisti che operano, appunto, lungo un determinato percorso.
E se Rosario Mete, Presidente Card Lazio e membro del Comitato scientifico dell'Istituto Cannarella ha illustrato la sperimentazione in corso nel Distretto 12 della Asl Roma C, in collaborazione con Agenas, di implementazione di due PDTA specifici per investire nella cosiddetta "medicina di iniziativa", Pierluigi Bartoletti, Vice Segretario nazionale della FIMMG, ha esortato ad uscire dalla logica troppo accademica dei PDTA teorici e dei Costi Standard per entrare in una logica assai più realistica di "Standard di Servizio".
Un dibattito, dunque, assolutamente ancora aperto che, al di là delle mode del momento, investe direttamente alcune scelte politiche di fondo sulle quali, ha concluso Augusto Panà, Presidente del Comitato scientifico dell'Istituto, la classe politica farebbe bene ad ascoltare in misura sensibilmente maggiore la componente professionale e scientifica del sistema sanitario.
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